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Processo Mazzini: lo Stato attacca i protagonisti politici imputati, ma i big quasi tutti assenti

19 ott 2015
Processo Mazzini: lo Stato attacca i protagonisti politici imputati, ma i big quasi tutti assentiProcesso Mazzini: lo Stato attacca i protagonisti politici imputati, ma i big quasi tutti assenti
Processo Mazzini: lo Stato attacca i protagonisti politici imputati, ma i big quasi tutti assenti - Iniziato oggi il maxi processo Mazzini: alla sbarra i maggiori protagonisti della recente storia pol...
Iniziato oggi il maxi processo Mazzini: alla sbarra i maggiori protagonisti della recente storia politica sammarinese. L'Avvocatura dello Stato li attacca: “La politica si è distaccata dalla democrazia”.

Durerà almeno due anni il processo Mazzini, incentrato sull'illecito connubio politico affaristico di gran parte dei protagonisti politici di San Marino della storia recente, rinviati a giudizio a vario titolo per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio delle tangenti.
21 gli imputati fisici, 7 le persone giuridiche. La prima udienza, presieduta dal commissario Gilberto Felici a palazzo Kursaal per l'occasione adibito ad aula di tribunale, se n'è andata solo per decidere l'ammissione delle parti civili, ossia chi ritiene di aver subìto danni patrimoniali e morali dalla condotta dell'associazione ipotizzata dagli inquirenti. Poi si attende una pletora di testimoni chiamati da accusa e difesa, non meno di un centinaio. Dei big politici imputati, presenti solo Claudio Podeschi e Giovanni Lonfernini, quest'ultimo arrivato nel pomeriggio. In aula anche Biljana Baruca, Mirella Frisoni, Romano Lenzi e Pietro Silva. Assenti tutti gli altri, da Fiorenzo Stolfi a Claudio Felici, da Pier Marino Menicucci a Pier Marino Mularoni a Gian Marco Marcucci a Stefano Macina fino a Giuseppe Roberti.
In mattinata presente un po' di pubblico ma lontani dal tutto esaurito. Nel pomeriggio ancor meno.
Tre le richieste di parti civili, Eccellentissima Camera, ossia lo Stato di San Marino, Banca Centrale e Democrazia cristiana.
Durissimo l'attacco dell'Avvocatura dello Stato agli imputati che hanno ricoperto ruoli pubblici. Lo Stato ritiene di aver subìto danni ingentissimi: "Compromesse libertà fondamentali - sono state le parole di Sabrina Bernardi e Simona Ugolini - come il diritto di voto, alterando la genuinità elettorale, la libera iniziativa economica, il regolare svolgimento della pubblica amministrazione". Citate ad esempio la licenza al futuro Credito Sammarinese, il duopolio nelle telecomunicazioni, l'immobile sede di Banca Centrale.
Parole durissime nei confronti di quella che hanno definito “attività sistemica” del gruppo perpetrata tramite i conti correnti risalenti a Mazzini, “alias Giuseppe Roberti”, hanno puntualizzato: "La politica si è distaccata dalla democrazia – hanno detto – gli interessi di pochi sono stati anteposti agli interessi di molti. Per fini di puro arricchimento personale hanno fatto uso distorto delle loro prerogative. Claudio Podeschi ha condotto una vita parallela – hanno aggiunto - pubblico ufficiale da una parte e imprenditore dall'altro. San Marino - hanno concluso - è stato reso terreno fertile per criminalità organizzata di tipo mafioso, come la mafia cinese, senza contare l'immagine appannata dello Stato nei confronti del quale si è generata grande sfiducia".
Hanno definito il riciclaggio un “virus letale che inquina l'economia, i settori bancari e finanziari e qualsiasi attività si ispiri al principio fondamentale della leale concorrenza”.
La Dc ha puntualizzato di voler procedere solo nei confronti di membri o ex membri del partito, dunque Claudio Podeschi, Giovanni Lonfernini, Pier Marino Menicucci, Pier Marino Mularoni, e ritiene di averne pieno diritto poiché le loro condotte, per l'avvocato Burgagni, erano contrarie ai principi ispiratori della Dc.
Richiesta fortemente contestata da Stefano Pagliai, difensore di Giovanni Lonfernini: “Ci viene da ridere – ha detto – né Lonfernini né Podeschi hanno mai preso un voto dall'estero, ma se anche fosse sarebbero voti finiti al partito, che dunque ha beneficiato di questo sistema, tanto da stare al governo per lunghi anni. Ritengo invece – ha concluso – che vi sia una responsabilità giuridica della Dc”.

Francesca Biliotti

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