"Nostro figlio non è un bullo ma la vittima di un atto gravissimo". Lo dicono i genitori del 15enne accoltellato mercoledì scorso da un compagno di classe durante l'ora di lezione in laboratorio, all'Istituto tecnico Alberti di Rimini. L'aggressore con la polizia di Stato si era giustificato dicendo di essere da tempo vessato a scuola e di essersi quindi voluto vendicare di colui che ha definito più volte "bullo". In una lettera, resa pubblica dagli avvocati, legali della famiglia del giovane ferito, i genitori si dicono sconcertati dal "tentativo di spostare l'attenzione da quanto realmente accaduto mediante il montaggio di un caso di bullismo supposto e non verificato, trasformando addirittura l'offensore in presunto oppresso".
Secondo i genitori, solo grazie ai riflessi del figlio che ha in parte scansato un fendente potenzialmente letale non c'è stato un tragico epilogo. "Nostro figlio, - scrivono - è stato fatto passare falsamente per 'un bullo', mentre l'altro ragazzo "peraltro ripetente e quindi più grande di età, l'ha aggredito a mano armata ed a sangue freddo". "Come confermano i compagni di scuola ed il personale scolastico - prosegue la nota dei genitori - nostro figlio è un ragazzo solare, socievole, dotato di senso dell'umorismo e di autoironia, forse ingenuo nel considerare tutti amici, compresa la persona che qualche giorno fa ha rischiato di porre fine alla sua vita per uno scambio di battute scherzose reciproche".
E non esitano a definire l'accoltellatore "un potenziale omicida". "L'augurio - concludono - è che non capiti ad altri ragazzi di andare a scuola, dove dovrebbero essere tutelati e protetti, e rischiare di morire per un'aggressione violenta ed insensata, per poi vedersi accusati di fatti falsi da una macchina del fango mediatica. Certe condotte non possono e non devono essere ammesse né tollerate. In caso contrario si tratterà solamente di aspettare che un fatto del genere ricapiti, forse la prossima volta con esiti letali".