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Israele: le considerazioni politiche dietro la scarsa risposta ai missili da Gaza

26 apr 2021
La corrispondenza di Massimo Caviglia
La corrispondenza di Massimo Caviglia

Dopo giorni di scontri violenti a Gerusalemme e lanci di missili da Gaza, l’organizzazione palestinese Hamas ha rifiutato ogni proposta di riportare la calma e ha minacciato “un grande conflitto” in tutto il Paese. Le richieste del movimento islamico di resistenza sono di vietare l’ingresso agli ebrei nella spianata delle moschee, e di consentire agli abitanti di Gerusalemme Est di partecipare alle elezioni legislative palestinesi del 22 maggio e a quelle presidenziali del 31 luglio. Il Presidente dell'Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas, ha affermato che non accetterà che le elezioni palestinesi si svolgano, se Israele non permetterà ai residenti di Gerusalemme Est di partecipare. Ma un funzionario del governo egiziano, coinvolto nei tentativi di mediazione tra Israele e Hamas, ha dichiarato che il Presidente palestinese sta tentando di boicottare le elezioni perché Hamas si sta rafforzando oltre a Gaza anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est.




Il movimento islamico si presenta come difensore di Gerusalemme, e il lancio di razzi è un avvertimento per Israele e per Abu Mazen di ciò che accadrà se le elezioni venissero annullate. Tra gli altri fattori che hanno incendiato la situazione, non è poi difficile immaginare il coinvolgimento di Teheran attraverso la Jihad islamica a Gaza; un modo per vendicarsi delle azioni israeliane contro la centrale nucleare e le navi che trasportano petrolio e missili iraniani. Gli israeliani invece sono rimasti sorpresi dalla scarsa risposta agli attacchi di questo fine settimana, ma dietro tale inerzia vi sono delle considerazioni politiche: sia il premier Netanyahu che il ministro della Difesa Gantz ritengono che ogni azione su larga scala in questo momento possa distogliere dal tentativo di formare un governo. Infine la notizia dell’intervista segreta del ministro degli Esteri iraniano Zarif, secondo cui il defunto generale Soleimani tramava con la Russia per sabotare l’accordo sul nucleare, porta subito a chiedersi chi ne tragga beneficio. Innanzitutto Mosca, che non voleva che Teheran normalizzasse le relazioni con l’Occidente. E poi le Guardie della Rivoluzione islamica, che non intendono rallentare la corsa iraniana alla bomba atomica.

Massimo Caviglia





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