In questo caldo agosto se ne sentono di ogni colore. Il governo italiano è in crisi, quello sammarinese non sta meglio. Nel caso sammarinese le ragioni della crisi risiedono a nostro avviso nell’immobilismo dello stesso governo, da mesi incapace di proporre riforme condivise non solo col paese, ma nemmeno tra le forze che lo compongono. La difficoltà delle parti sociali a relazionarsi col governo è cosa talmente nota da non richiedere ulteriori spiegazioni. Inizialmente – lo si ricorderà – il governo e certa stampa sostenevano che i tavoli con le parti sociali saltavano perché il governo rappresentava il cambiamento, mentre le parti sociali erano un ammasso di conservatori forse collusi; oggi qualcuno si è accorto che definire corrotto chiunque non la veda alla stessa maniera non è il modo migliore per sedersi allo stesso tavolo. Che il governo fosse in crisi, che parti sempre più ampie della maggioranza fossero stanche, era cosa nota a tutti da mesi. Tuttavia solo oggi certa stampa se ne rende conto ma stranamente non analizza le ragioni di una crisi annunciata che si protrae da 9 mesi, bensì si scaglia contro chi rileva la crisi. Come prendersela con il testimone di un furto perché denuncia il ladro, piuttosto che prendersela col ladro! Ciò che qualcuno ha finalmente trovato il coraggio di sostenere pubblicamente, ovvero che “la situazione è drammatica e richiede condivisione nel paese, e se tale condivisione non arriverà allora si dovrà andare alle urne di modo che sia espresso un governo rappresentativo” ci pare sacrosanta e lapalissiana. Solo un folle sosterrebbe il contrario. RETE non sosterrà il governo esternamente: siamo intervenuti per limitare i danni su banca CIS, scongiurando l’intervento inizialmente ipotizzato dal governo che avrebbe garantito liquidità alla banca senza intervenire sui soci. Non continueremo a togliere le castagne dal fuoco al governo e ci auguriamo che nessun altro gruppo di opposizione voglia farlo. Dunque ci auguriamo che chi ha fatto queste affermazioni lasci che la cittadinanza possa tornare alle urne indicando un nuovo governo che, se non sarà del 50%+1 al primo turno, sarà almeno del 58,5% nelle consultazioni: così stabilisce la legge. Chi sostiene che tornando alle urne la Commissione d’inchiesta su banca CIS decadrebbe, sta facendo sciacallaggio disperato per timore del voto. La Commissione d’inchiesta è una legge Costituzionale dello Stato, promossa proprio dall’opposizione! In caso di voto verrà rinominata, cambieranno i commissari, cambieranno le proporzioni dei gruppi politici al suo interno, ma i suoi lavori continueranno. Chi invece considera un’eventuale Reggenza di garanzia una sorta di inciucio per far cadere il governo finge di non sapere che tale eventualità sarebbe semmai conseguenza, non certo premessa, di una crisi di governo. Non dilunghiamoci poi sul fatto che considerare una eventuale Reggenza di garanzia un “giochino squallido (…) usando la strumentalizzazione della più alta carica dello Stato” è un paradosso a regola d’arte: semmai è proprio questa affermazione a strumentalizzare la Reggenza! A nulla servirebbe rammentare a chi ne scrive che la Reggenza di garanzia sarebbe già dovuta essere legge dello Stato, promessa da adesso.sm in campagna elettorale e sostenuta a spada tratta come elemento distintivo proprio da chi oggi la ritiene una strumentalizzazione. Sarà forse che cambiano i rapporti di forza e qualcuno rimane fedele ai suoi ispiratori… o sarà più semplicemente che il caldo africano di questi giorni dà alla testa.
Comunicato stampa
Movimento RETE