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E' morto Bersellini: fu grande con l'Inter e guidò la Libia di Gheddafi

17 set 2017
Eugenio BerselliniE' morto Bersellini: fu grande con l'Inter e guidò la Libia di Gheddafi
E' morto Bersellini: fu grande con l'Inter e guidò la Libia di Gheddafi - L'allenatore dello scudetto del 1980. Una lunga carriera fatta di quasi 500 panchine in serie A
Lo chiamavano il "Sergente di Ferro". Un po' perché in quel calcio che cominciava a strizzar l'occhio agli eccessi a lui piacevano le regole, un po' perché credeva ci fosse poco da inventare e allora correre più forte dell'avversario diventava la via maestra per vincer le partite.

Da Borgotaro sui sentieri che portano alla Cisa fino allo scudetto con l'Inter, quello del 1980, quello di BordonAltobelli, Oriali e Muraro, Beccalossi e Beppe Baresi. Forse era una grande squadra, più che altro un grande gruppo. Forgiato da Bersellini durante i ritiri lunghi soprattutto per l'epoca, perché stare insieme era la base di un calcio di sacrificio e mutuo soccorso.

Voce bassa, espressione accigliata, "il burbero galantuomo" scrisse di lui Beppe Viola. Che dagli altipiani è arrivato in città, ma passando dalla periferia e con tanta gavetta e tante squadre allenate un po' in tutte le categorie. E quella volta che rispose ai tifosi del Toro che fischiare era un diritto, ma offendere no rivelò in una frase la sua mitezza di uomo normale.

Vinse molte partite e molte ne perse, perché in carriera in panca si è seduto 490 volte e qualche acquazzone può capitare. "Dobbiamo guadagnarci ogni lira che prendiamo" amava ripetere e chissà se proprio per questo con il 2000 e l'arrivo dell'euro il Sergente di Ferro non lo chiamò più nessuno. Tranne un colonnello, forse eccitato dal soprannome sergente, che lo volle con sè. Bersellini da Borgotaro, professione allenatore, finì in Libia voluto da Gheddafi in persona, a guidare prima la nazionale e poi il suo club a Tripoli. Vinse molto anche là, finchè l'aria fu respirabile restò volentieri.

E poi di nuovo a casa a dedicarsi al secondo amore. Il vino. Esperto di calcio e di vino al punto da consegnare ai detrattori facili argomentazioni. Ha salutato questa mattina a 81 anni, molti anni dopo aver lasciato il calcio. E dopo un trasferimento a Prato perchè qualcosa del suo mondo restasse ancora. 

Roberto Chiesa

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