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"Codice a sbarre", la nuova moda viene dal carcere

26 lug 2008
Made in Jail - logo
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Alcuni la chiamano riabilitazione, altri reinserimento sociale. Per i detenuti è soprattutto un riscatto: dalla vita, da scelte sbagliate, da errori di gioventù. Dietro ai marchi Rebibbia Fashion e MadeinJail – riunite sotto l’insegna “Codice a sbarre” – si nasconde il lavoro di oltre duecento detenuti, specializzati nella produzione di capi in pelle e magliette. Un ritorno alla vita, alla normalità. Un’occasione per dimostrare il proprio valore e per non ricadere nel baratro della criminalità. Perché il mondo fuori dalle mura carcerarie, non è sempre generoso con chi è stato dentro.
“Made in Jail!” è la griffe nata per prima, addirittura nel 1988. Ma ci sono voluti venti anni prima che qualcuno ne cogliesse le potenzialità e la portata sociale, dedicandole un punto vendita.
Silvio Palermo, presidente della cooperativa, sa bene cosa significa cercare di rimettersi in gioco fuori dal carcere. Ma sono soprattutto le donne a subire le difficoltà di un reinserimento sociale quando escono dal penitenziario.
Il punto vendita si trova a Riccione, nello spazio commerciale Ateneo di viale Ceccarini.
Quello che colpisce, nel luminoso spazio adibito alla vendita, è l’autoironia delle due griffe, che giocano con il lessico da detenzione. Sulle magliette sono stampate frasi che lanciano anche un forte messaggio sociale di monito, riportando gli articoli del codice penale. Dietro al loro lancio commerciale c’è la scommessa di un imprenditore.

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