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EDITORIALE. Il terremoto che non passa

8 lug 2010
Il terremoto che non passa
Il terremoto che non passa
Accade che gli uomini e le donne di una città, dove un terremoto ha fatto strage e macerie, cittadini dignitosi ma più di un anno dopo ancora terremotati, vadano nella capitale del proprio paese per dire no. No all’oblio, no all’abbandono, no alla speranza che finisce, no a una vita spezzata. Accade che nelle strade della capitale trovino truppe antisommossa con i manganelli. Chi c’era ha visto il sangue e vissuto la paura. Non erano loro le vittime? E per loro non c’erano state parole di conforto, promesse di impegno, assicurazioni sul futuro? Poco più di un anno fa abbiamo assistito alla passerella dei politici e c’erano quelli che sul dolore hanno capitalizzato facili guadagni, mentre altri - i volontari - si rimboccavano le maniche. Sono seguite le intercettazioni, sono in corso le inchieste, si è arrivati a un esproprio di fatto anche se non ancora di diritto. L’Aquila è una città negata, negata ai suoi cittadini. I ponteggi ingabbiano case e monumenti. Ponteggi nuovi, costosi, che reggono ciò che probabilmente dovrà essere demolito. Stampelle per cadaveri. Perché senza progetti e finanziamenti la vita non può tornare.
Ma ieri non c’è stato l’ascolto. C’è stato il rifiuto. Gli aquilani poco più di un anno dopo il terremoto sono diventati ingombranti, scaduti, un prodotto fuori mercato: anche la tragedia diventa mercato. Fa male quello che è accaduto nelle strade di Roma. Offende la libertà, il diritto, è uno schiaffo alla democrazia. Siamo alla vigilia di una giornata in cui ci sarà lo sciopero dei giornali e delle tv italiane per difendere il diritto all’informazione contro una legge, che anacronisticamente, oggi, nel terzo millennio vuole metterle il bavaglio. Evitiamo altre macerie. Ci sono già i cittadini dell’Aquila, ai quali è mancato il rispetto.

Carmen Lasorella

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