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L’altro Natale di Rimini: quello di chi ha pranzato alla Caritas

25 dic 2011
L’altro Natale di Rimini: quello di chi ha pranzato alla Caritas
L’altro Natale di Rimini: quello di chi ha pranzato alla Caritas
Un piatto di passatelli o di cappelletti alla Caritas, per Natale. L’hanno passato così anche molti riminesi diventati poveri sotto la scure della crisi. Seduti, fianco a fianco, con chi la crisi la conosce da sempre e cioè gli immigrati, clandestini e non. La Caritas non chiede certo il permesso di soggiorno per offrire qualcosa da mangiare. In cucina i volontari si danno da fare per preparare al meglio le pietanze, anche nel rispetto dei diversi credo religiosi. Ma essere poveri e indigenti è una doppia afflizione perché ci si vergogna anche di esserlo e la telecamera è avvertita come un pericolo, una minaccia. La nostra operatrice riesce a farsi accettare: sì alle riprese, ma niente visi. Il tutto avviene spontaneamente sotto l’occhio paterno e vigile di Don Renzo Gradara, responsabile della Caritas di Rimini. Le sue parole, pubblicate sul bollettino mensile, fotografano una realtà che fa riflettere. “Non solo luci, suoni e colori. Se per un momento uscissimo dagli ipermercati, dai locali notturni, dai ristoranti alla moda della riviera, incontreremmo un’altra Rimini. Una Rimini di cui poco si parla: i senza casa, quelli che dormono dove capita, i disperati che affogano i fantasmi nel Tavernello, i giovani alla ricerca di un lavoro, i cassintegrati, gli anziani soli. Basta poco: una malattia, un licenziamento, una separazione e ci si può improvvisamente ritrovare nella difficoltà di far quadrare i conti. Accanto ai casi di povertà estrema, aumentano i “nuovi poveri”: italiani, riminesi, anche con un lavoro alle spalle, ma che non ce la fanno comunque ad arrivare a fine mese.

Luca Salvatori

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