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Giappone, allarme cibo

21 mar 2011
Dopo l’incubo nucleare è l’allarme cibo a tenere il Giappone con il fiato sospeso. Secondo l’Organizzazione Mondiale per la Sanità la situazione della contaminazione radioattiva di latte e alcune verdure a causa delle fughe dalla centrale nucleare di Fukushima è molto più grave di quanto si potesse ipotizzare nei primi giorni. Il governo ha proibito la vendita di latte dalla prefettura di Fukushima e di spinaci da un'area vicina. Secondo l'Autorità francese per la sicurezza nucleare le ricadute radioattive delle centrale sono un problema con cui le autorità giapponesi dovranno avere a che fare "per decine e decine di anni". Tutto questo nel giorno in cui i tecnici sono riusciti ad allacciare i cavi dell’elettricità a tutti e sei i reattori: un fatto importante perché il ritorno dell’ alimentazione è il presupposto fondamentale per qualsiasi tipo di “stabilizzazione”. Ma per alcune ore la colonna di fumo che usciva dal reattore 3, il più danneggiato, aveva fatto temere il peggio.
Si tentano intanto primi conti della catastrofe, che potrebbero costare all'economia giapponese 235 miliardi di dollari: sono le stime di Banca Mondiale che ipotizza per il futuro un impatto maggiore sul commercio e la finanza. Ancora apertissimo, in Italia ed in Europa, il capitolo programma nucleare. “Gli abitanti di Fukushima non erano mai stati favorevoli al nucleare- ha rivelato l’Ambasciatore sammarinese a Tokyo Manlio Cadelo “ tuttavia per economizzare il progetto- raccomandato dagli Stati Uniti- fu accettato”. Il diplomatico ha poi parlato di autorità giapponesi molto attive e sorprese da una stampa estera che titola “Apocalisse”. “A Tokyo ci sono 143 rappresentanze diplomatiche e la maggior parte degli ambasciatori non sono partiti, cosa che hanno fatto invece stranieri residenti senza considerare che radiazioni severe possono rimanere per decine e decine di anni”. E proprio a proposito delle radiazioni informazioni ufficiali del ministero degli affari esteri a Tokyo parlano di una situazione, dopo un picco registrato attorno al 15 di marzo, tornato nella normalità.

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