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Cataratta, quando intervenire? I campanelli d'allarme a cui fare attenzione

2 ott 2021
il prof. Gianluca Scuderi
il prof. Gianluca Scuderi

In Italia soffrono di cataratta 650 mila persone, in Europa addirittura 4,5 milioni, e rappresenta la prima causa di cecità e ipovisone al mondo. Benedetta de Mattei ha intervistato il prof. Gianluca Scuderi – Direttore UOD Oftalmologia Azienda Ospedaliera-Universitaria Sant’Andrea di Roma e Professore di Oftalmologia Università “Sapienza” di Roma - per capire quali sono le cause della cataratta, i primi sintomi a cui fare attenzione e quando intervenire chirurgicamente.

Cos’è la cataratta
La cataratta è un invecchiamento fisiologico del cristallino, una piccola lente che è all’interno del nostro occhio, che con il passare degli anni perde lentamente trasparenza e si opacizza portando poi inevitabilmente dei fastidi.

Quali sono i sintomi
Inizialmente vi può essere un abbagliamento alle luci forti, che limita diverse attività, una perdita di contrasto ed i colori si modificano un pochino perdendo di brillantezza, anche se il paziente non se ne rende subito conto. Con il passare del tempo, quindi con l’aumento dell’opacità del cristallino, i sintomi progrediscono e si inizia a perdere anche capacità visiva, fino ad avere una vista anche molto compromessa se non si interviene. La cataratta è ancora purtroppo nel Mondo una delle principali cause di cecità nei Paesi in via di sviluppo, dove non c’è possibilità di operare facilmente.



Quante persone ne soffrono in Italia?
E una stima difficile perché la cataratta ha un’evoluzione lenta e progressiva quindi più che altro esistono delle percentuali relative alle fasce di età. Diciamo che tra gli over 60 ne sono affetti circa il 50%, anche se di grado variabile, mentre dopo i 70 saliamo al 70/80%. Se avessimo tutti 120 anni di vita avremmo tutti al 100% la cataratta.

A seconda della causa, esistono diversi tipi di cataratta
Vi sono:
le cataratte congenite, che fortunatamente rappresentano un piccolo numero, in cui il bambino nasce con un’opacità del cristallino per varie cause.
le cataratte senili, che sono le più numerose e sono legate all’età.
le cataratte traumatiche, che possono svilupparsi subito dopo un trauma o anche anni dopo.
le cataratte secondarie, che si sviluppano facilmente in pazienti che hanno altre problematiche, come il diabete, o che per necessità fanno lunghe terapie con alcuni farmaci come ad esempio terapie cortisoniche.

Perché operare tempestivamente
Sono due i motivi che ci portano ad operare. Il primo è un recupero visivo: l’anziano di oggi non è quello di 50 anni fa, in cui svolgevano poche attività nella vita quotidiana, guida, usa il computer, legge, ha una vita di relazione attiva a tutti gli effetti e per tale ragione ha una richiesta di qualità visiva superiore rispetto a quella che richiedeva 50 anni fa. Quindi sempre più frequentemente operiamo pazienti giovani che non vogliono perdere qualità visiva e per questo motivo operiamo spesso cataratte iniziali. Inoltre se aspettiamo troppo la cataratta diventa una di quelle che noi oculisti definiamo “matura” o addirittura “iper matura”, ossia avanzata, e l’operazione un pochino si complica perché il cristallino diventa sempre più duro e compatto il che rende l’intervento più impegnativo, allungando i tempi operatori e aumentando un po’ il rischio rispetto alle cataratte iniziali. Oggi inoltre abbiamo a disposizione delle lentine artificiali che consentono, oltre che di eliminare la cataratta, anche di correggere difetti visivi preesistenti in pazienti ad esempio presbiti, miopi o astigmatici e dunque spesso i pazienti ci richiedono, oltre che di recuperare la capacità visiva, di liberarsi degli occhiali.



Che tipo di intervento è?
Attraverso una piccolissima fessura (2 mm) si frammenta e asporta il nucleo del cristallino centrale e si inserisce la lentina artificiale. Si tratta di un intervento ambulatoriale con un recupero molto rapido. Oggi abbiamo inoltre a disposizione anche la possibilità di servirci di una strumentazione laser con una precisione ancora più alta che ha ulteriormente migliorato la qualità della ripresa postoperatoria dei pazienti. Oggi pensi che è l’intervento numericamente più eseguito, per lo meno nei Paesi Occidentali, ed è l’intervento con il più basso indice di complicanze; siamo quindi riusciti a portarlo a una qualità altissima grazie a strumenti sempre più sofisticati che fanno dell’intervento, in mani esperte, un intervento molto sicuro. Ciò non toglie che non va banalizzato perché ha comunque i suoi rischi.

Convalescenza
Non c’è praticamente convalescenza. L’intervento è come detto prima ambulatoriale e non ha bisogno di anestesia, se non superficiale. Il paziente terminato l’intervento attende in sala d’aspetto dieci minuti poi torna a casa. Nei giorni successivi metterà dei colliri antinfiammatori e antibiotici ma potrà riprendere tutte le sue attività, anche di lettura o utilizzo del pc. Si consiglia nelle prima settimane di sospendere l’attività fisica per non provocare traumi all’occhio operato.

Benedetta de Mattei






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