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La libertà di stampa "valore essenziale". Editoriale del Dg Carlo Romeo

3 mag 2020
San Marino
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La Giornata della Stampa non è mai una ricorrenza retorica ma in tempi di emergenza, dove è necessaria come l'acqua e il pane, questo è ancora più vero. Senza una vera informazione infatti è impossibile decidere e le scelte, dalla più piccola alla più grande, diventano condizioni impossibili o pericolosi azzardi.

Puntuale e rigoroso, il messaggio che la Reggenza ha dedicato a questa Giornata, denuncia, fra l'altro, il pericolo rappresentato dalle fonti non attendibili, dalle fake news cui ci si appassiona perchè da sempre il gossip, il chiacchiericcio, hanno i loro numerosi dipendenti. Ma il gossip, le fake news utili solo a creare contatti - quindi avanti a chi la spara più grossa - che a loro volta si trasformano in soldi per qualcuno, non devono inquinare quella che è una professione cui ci si prepara e di cui si risponde davanti alla legge, ai propri colleghi e alla propria azienda e a se stessi. Per questo e per tutto quello che la Reggenza ha detto nel suo messaggio, dobbiamo essergliene grati non solo noi che facciamo questo mestiere (uno non "è" un giornalista ma "fa" il giornalista, come noto, visto che è un mestiere non uno status) ma l'intera comunità.

Va ringraziato per il suo intervento pubblico anche il Segretario all'Informazione Lonfernini, non soltanto ovviamente per quello che ha scritto nei confronti dei giornalisti e di tutto il personale della Radiotelevisione di Stato, ma sopratutto per l'attenzione e il rispetto dimostrati nei confronti di tutti coloro che operano a San Marino nel contesto dell'informazione. A volersi dare una occhiata in giro, fuori da San Marino, gli scenari non si rivelano certo in sintonia.
Sono infatti tempi, anche per quel che riguarda la libertà di stampa, molto difficili. Vale la pena di citare integralmente i dati che propone Michele Valente, in un articolo uscito oggi su Affari Internazionali. Nel monitoraggio sull’emergenza Coronavirus, ricorda Valente, l'IPI, lo International Press Institute, ha registrato oltre centotrenta violazioni alla libertà di stampa nel mondo, denunciando, tra le cause, le restrizioni speciali imposte dai governi nazionali e le minacce fisiche e verbali agli operatori nell’Europa centrale e orientale. L’ultimo barometro sulla libertà di stampa di Reporter Sans Frontières, ricorda ancora Michele Valente, registra l’uccisione di 11 professionisti e oltre 350 persone imprigionate.

Oggi persino in alcuni Paesi dell'Unione Europea - e quindi di fatto nell'Unione Europea - i cosiddetti poteri forti nazionali o locali, quello politico e quello economico, condizionano pesantemente la libertà di stampa. Ungheria e Polonia sono ormai diventati dei veri e propri "casi gravi" di violazione della libertà di stampa, completamente al di fuori di quella che avrebbe dovuto essere la nuova Europa con i suoi valori, con i suoi principi, rimasti sulla carta e nella retorica di una euroburocrazia da sempre "orfana del coraggio", come la ha definita Henry Lèvi

Il giornalista, soprattutto di servizio pubblico, deve saper affrontare le critiche del potere, senza sottomettersi per convenienza o paura. La logica mafiosa, insegnava Carlo Alberto Dalla Chiesa, era abituata a comprare i giornalisti o allontanarli. Altrimenti, extrema ratio mafiosa, la ricollocazione del soggetto riprevedeva l'interno di un pilastro di cemento nel palazzo o nel viadotto in costruzione.
In realtà, un buon servizio pubblico deve poter scontentare sia maggioranza che opposizione per essere credibile, seguendo solo alla vecchia regola che è il giornalista a "vedere", a "decidere", a "rispondere" della notizia. Per meglio capirsi, siamo tutti bravi a fare diagnosi mediche ma se la fa un medico che è stato preparato per quello, che fa questo per mestiere, forse magari è meglio. È questione di scelte, certo, e si può sbagliare sempre però in buona fede. Mio figlio ha nella sua stanza, incorniciata, la prima pagina di un grande giornale italiano. L'apertura del giornale vede alla pari il dibattito politico in corso nella Dc e tre ore di paura a bordo di un aereo per un atterraggio di fortuna. Sono queste insomma le due notizie del giorno. Sempre in prima pagina, più in basso, solo tre colonne annunciano "L'ONU non manderà i caschi blu in Yugoslavia". Era il 20 settembre 1991. Tre anni dopo, questa notizia voleva dire oltre centomila morti su un territorio di duecentocinquantamila chilometri quadrati.

Solo un esempio per ricordare che non si tratta di un mestiere semplice. Occorre un enorme senso di responsabilità, professionalità, coraggio, rispetto rigoroso per il pubblico e per il proprio mestiere. Occorre non aver paura di certi magistrati incapaci e arroganti, di certi politici che, se le cose vanno male, la buttano regolarmente sui giornalisti o sui media (come i calciatori scarsi che non sanno cosa fare della palla), di colleghi che preferiscono cercare di dimostrare le loro tesi precostituite attraverso il loro lavoro mentre è solo la curiosità per tutto ciò che esiste - senza pregiudizi - e il suo saperla raccontare che rivela un giornalista, più o meno bravo che sia.

cr


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